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CONVERSAZIONE IN SICILIA

intervista apparsa sul mensile YET, giugno 2001
a cura di Luca Mirone, Marco Occhipinti, Freshguy e Enrico Maria Milic


Battiato “on the road”
Cucina, un universo sconosciuto al profeta di Milo. Nel periodo milanese B. cerca di confrontarsi con i fornelli, ma con risultati oggettivamente discutibili. "L'unico piatto degno di menzione è la pasta ai quattro formaggi, ma non immaginate chissacchè!"
Ma il Nostro ha altre frecce al suo arco, non passa il tempo a ciondolare per casa quando non lavora. C'è la pittura, disciplina per lui impegnativa. Noi abbiamo avuto la fortuna di ammirare i suoi quadri disseminati per la casa, e possiamo dire che il Maestro sa il fatto suo. Avete presente l'inferriata presente nella copertina del suo ultimo disco? Appunto…

Consumi musicali e letterari
Solo musica classica, specialmente barocca o un certo sinfonismo dell'ottocento. Una trasmissione via satellite, Top classica, con cui il Maestro “si bea della competenza di grandi direttori d'orchestra che ha amato nella sua vita”.

Letture recenti
La rivelazione del Buddha . La malattia per la morte di Kierkegaard. Sei pezzi facili, del fisico Feynman. Ballando nudi nel campo della mente , del biochimico Mullis.

Da tenere sul comò

Le braci, di Sandor Marai, “perché percepisci dei mezzi strepitosi, un talento che si manifesta attraverso la penna. Il classico non è incidentalmente legato a un vizio del tempo, ma supera la sua epoca: non è né cannibale né vegetariano”.

“Clemente!!!”
La dimensione domestica di B. esce allo scoperto in maniera insospettabile: tra una stilla di saggezza ed un'altra, ecco il Maestro trasalire: “Clemente, scendi giù dal divano!! Guarda che ti rispedisco nei giardini della preesistenza!”. Abbiamo fatto la conoscenza del mitico gatto di casa Battiato. Il Maestro sostiene che il micetto abbia l'anima di un cane, e che in una vita precedente fosse una donna. Chissà che musica ascolta…


Chi è questo signor Battiato?
Franco Battiato nasce nel 1945 a Jonia, un paesino in provincia di Catania.
Sin dai primi anni Settanta il musicista siciliano partecipa attivamente alle correnti di ricerca e sperimentazione europee. Tra gli altri: L' Era del Cinghiale Bianco (1979), Patriots (1980), e nel 1981 La voce del padrone , L' arca di Noè (1982), Orizzonti perduti (1983), Mondi lontanissimi (1985). Parallelamente alla musica pop, B. realizza sontuose opere liriche che raccolgono il successo della critica. Nell'ottobre '93 B. pubblica la raccolta di canzoni Caffè de la Paix , che si classifica miglior disco dell' anno.
Si è esibito ovunque, da Milano a Palermo, dal Libano a Baghdad. Nella sua musica c'è di tutto: rock, sonorità balcaniche, ascendenze mistico-orientali, eleganza austriaca, sensualità barocca, e tanto altro. I testi delle canzoni tradiscono una cultura raffinata e intima, l'approccio alla lingua è principesco.
Nell'autunno del ‘96 il brano La cura viene premiato come miglior canzone dell'anno.
Ferro battuto è l'ultimo album di musica pop uscito nell'aprile 2001. Strepitoso!
Se non lo avete ancora ascoltato, è un problema vostro.

Milo, esterno giorno. Caldo. Parecchio caldo. Colori predominanti: verde e blu.

Alla fine di un viaggio lungo novecento chilometri, arriviamo nell'infuocato magma della Sicilia. Siamo a caccia di un signore che di mestiere fa l'artista. Ci aspettiamo che racconti qualcosa di sè. Lui ci riceve nella propria casa alle pendici del potente e silenzioso Etna, stordendoci con un'ospitalità disarmante. La chiacchierata fila via come un niente per circa due ore. Abbiamo parlato di tutto. Commovente.
Signore e signori, ecco a voi Franco Battiato.


Che rapporto ha con le interviste?
Non faccio nessuna resistenza, anche perché fanno parte del mio mestiere. Noto tuttavia che, col passare del tempo, le interviste vanno deteriorandosi e sbiadendosi. L'altro giorno mi hanno chiesto se avevo collaborato al video dei Bluvertigo. Io ho risposto che avevo avuto soltanto un ruolo da attore, come un De Niro. Il giorno dopo La Sicilia titolava: “Sono il De Niro della musica”. C'è parecchia disattenzione e creatività senza regole, e questo può tradursi in trappole. Per fortuna non è sempre così. Certe volte si incontrano persone che ti fanno rivedere la spietatezza intellettuale che hai sul mondo.


Quesito esistenziale: tra i dolci tipici siciliani preferisce la cassata o i cannoli?
La cassata. Il cannolo ha un residuo che mi rovina il gusto dell'entrata, cioè la scorza. Per me la bellezza sta dentro, non fuori, e la cassata è fatta interamente di crema: un piacevole tutt'uno che non pone barriere tra me e il gusto.


Si annoia mai?
“Noia” è un vocabolo a me sconosciuto. Compro cento libri, ne scelgo dieci e li leggo. Recentemente ho avuto tra le mani un libro di Kierkegaard “da urlo”.
Altrimenti mi basta guardare un albero.


Non stiamo parlando solo di divertimento intellettuale?
Non bisogna scindere, sennò si rischia d'impoverire l'essenza del divertimento. L'intelletto non è una cosa fredda distinta dall'emotività. Mi viene in mente che Einstein sosteneva di avere sentito la relatività per la prima volta nei suoi muscoli.


È felice?
Sono legato alle condizioni naturali dell'esistere. Così posso aprire la finestra, vedere un tempo nuvoloso e ricollegarmi ad ebbrezze - odori, profumi - dell'infanzia. In questo modo tutto il resto svanisce, anche le cose turpi e violente. In realtà la mia vita non si nutre della comunicazione con gli umani, ma conta di più la realtà più intima.


Cosa ricorda degli anni di scuola?
Ho vissuto l'infanzia del dopoguerra, una vera e propria epoca di rinascita collettiva come reazione a un mondo che aveva distrutto milioni di persone. In questa “patologia dell'esistere” eravamo molto sani e le frustrazioni che attribuiscono a certi insegnamenti noi non le abbiamo neanche sfiorate. Si andava in chiesa solo a giocare a pallone o a bigliardino. Il prete ci faceva un baffo, anche se ci schiaffeggiava noi gli facevamo il verso.
Ho studiato molto poco con grandissimi risultati, solo perché ero molto attento; al mattino mi svegliavo mezz'ora prima per ripassare, ma nulla più. Avevo già in mente lo spettacolo. Se sapevo una minima cosa, essa sbocciava, non mi chiudevo come gli altri per emozione; questo faceva la differenza.


Quanto ha influito la scuola sulla sua formazione?
Mi ha dato poco. Non è un'accusa all'istituzione, ma fa parte del comune destino degli studenti non sopportare la scuola. Ho recuperato dopo la strada verso “l'affinamento dei propri mezzi”. Il problema della scuola è che si studia soltanto per un esame, un'interrogazione o un compito in classe. Sarebbe meglio pensare l'insegnamento in maniera diversa. Ci vorrebbero dei maestri prima che dei professori, ma già è difficile trovarli nella vita.


Ha avuto un maestro che le ha insegnato quant'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire?
Sono stato molto fortunato perché ho incontrato sempre persone giuste al momento giusto, oltre ad una predisposizione a non avere categorie. Così do la stessa attenzione a un tassista o a un professore di filosofia. Non è una carica a suscitare la mia attenzione, ma solo una curiosità naturale.


Dopo tanti anni non ci si stanca di essere artisti?
Non mi sono mai stancato del mio mestiere; quando lavoro ho ritmi da impiegato, assolutamente spietati: sono capace di ascoltare un brano mille volte. Non escludo tuttavia che possa essere divertente cambiare a una certa età. In questo momento non è il mio caso.


Alcuni artisti cambiano il modo di cantare un brano, perché non hanno più voglia di farlo. Lei?
Ci sono artisti che non sanno stare senza palco o senza pubblico; io non sono uno di questi. Quindi ho un rapporto meno isterico con il mio “materiale”, non mi esalto né mi deprimo. Non trovo giusto imbruttire una canzone perché non ti va più di farla, al massimo si può cambiare in meglio. Cantare sempre in un certo modo, del resto, fa parte dei doveri di questo mestiere.


Lei passa da Milano, la metropoli, a Milo, il piccolo paese; da una musica per tutti a una musica comprensibile a pochi: come la mettiamo?
All'interno di regole che l'artista stabilisce, in un progetto che non può andare a destra né a sinistra - sennò sarebbe indecente - la sfida di rendere popolari anche cose che apparentemente non sono commerciali è una prospettiva interessante. Per me non esiste “per pochi o per tanti”; il problema semmai è di fraintendimento: perché deve essere per pochi una musica che mira in alto? Così si offende il popolo, perché viene considerato una massa barbarica.


Bello, qui. Non è troppo grande per viverci da solo?
Vivo qui da tredici anni, ma non da solo. Mi considero un eremita di lusso, perché intorno a me ci sono persone che mi accudiscono, che mi fanno da mangiare. È fin troppo facile fare l'eremita così, è sicuramente meraviglioso, non hai difficoltà da affrontare.


Sì, ma la vita sentimentale?
Adesso ho una certa età, anche se non mi precludo nulla; ci può essere una sorpresa da un momento all'altro. Tuttavia una convivenza, ad un certo punto della vita, è ipotizzabile soltanto in stanze separate, abbastanza lontane: non sono più tempi della condivisione totale. E vi posso assicurare, io che nella mia vita ne ho viste tante, che è così!


Per venire qui noi abbiamo affrontato un viaggio. Qual è la sua idea del viaggio? Le piace viaggiare?
Quando non avevo le possibilità finanziarie ho considerato il viaggio come qualcosa di veramente importante. Nel periodo dei vent'anni ho viaggiato moltissimo con gran divertimento, scoprendo mondi nuovi, culture nuove; tutto, naturalmente, seguendo l'arte di arrangiarsi. Oggi, invece, sento il bisogno di certe comodità, anche perché le energie per dormire sul ponte di una nave non ci sono più.


Lei quindi non si considera un nomade? Ha sempre ben presente un luogo di ritorno?
Mi considero un sedentario costretto al nomadismo. L'appartenenza a un luogo sa comunque di sciamanismo. Parlando della mia esperienza, la mia fuga dalla Sicilia è stata brutale. Ogni volta che tornavo per motivi familiari mi ammalavo, come se la mia terra mi rifiutasse. Ad un certo punto, però, la stessa terra mi ha richiamato, per riportare nel luogo d'origine tutto ciò che avevo imparato fuori.


C'è un luogo nel mondo che le comunica benessere?
Il benessere per me è una categoria esclusivamente spirituale. Ai beni materiali va dato il giusto peso, non ci si può far spappolare il fegato perché qualcuno ti tampona la macchina. Se hai messo la tua vita nelle mani di un rottame, peggio per te.


Siamo bombardati da colori, profumi, desideri di ogni tipo. I banchi della musica, della letteratura e della frutta sono più colmi di quelli della frutta. Come fare per raccapezzarsi? Ci scoppierà il cervello? Dobbiamo suicidarci o prendere sentieri di montagna?
Già in psicologia, due secoli fa, avevano scoperto questo genere di limiti. Un cervello può assimilare una certa quantità di informazioni. Quando vai in un museo per più di un'ora non ce la fai più, perché hai troppe informazioni - il colore - dello stesso genere. Per leggere un giornale, vista la mole di dati, ci vuole una settimana. Far pulizia è una condizione essenziale per sopravvivere. Per quanto mi riguarda è bene fermarsi: io pratico la meditazione da trent'anni per azzerare le cose superflue. In questo modo si può ritornare alla vita con rinnovata voracità.


Si può pensare in un futuro non troppo lontano a microchip impiantati nel corpo come ennesima provocazione del progresso?

Sicuramente sì. Sarà come avere una biblioteca in testa, con cui si potranno fare centinaia di migliaia di miliardi di operazioni al secondo. Per esempio, andare alla voce “Beethoven” per sapere quando è nato.


Facendo uno sforzo di fantasia, quanto si può introdurre di artificiale in un organismo umano?
Posso rispondere citando Kierkegaard: “Il problema dell'infinito è che manca di finito”.


Cosa pensa delle manifestazioni antiglobalizzazione, da Seattle in poi?
Trovo insopportabili certi tipi di protesta. Se tu ami gli animali non puoi uccidere chi fa loro del male, perché la violenza è lo stesso mezzo che utilizza colui che criminalizzi. Allo stesso modo detesto quegli pseudotifosi che approfittano dello sport per distruggere e scatenare caos. Se hanno bisogno di sfogarsi, che lo facciano su un ring, in cui almeno ci sono delle regole.


Bisogna sottolineare tuttavia che ci sono dei movimenti pacifisti che portano avanti delle idee precise, alla cui base c'è la convinzione che nel mondo comandano veramente in pochi.
Così va la vita. Ti faccio un esempio. Oggi la campagna antifumo sta raggiungendo livelli altissimi. Allora la domanda è: perché non si fa lo stesso per scoraggiare l'uso delle automobili? I danni alla nostra salute sono gli stessi. A questo punto bisogna insospettirsi, ed è lecito chiedersi da che pulpiti vengono le prediche. Se penso a tutto ciò che di sconcio e degno del carbone più nero avviene sotterraneamente, mi viene in mente il detto siciliano “cumannari è megghiu chi futtiri ”. Bisogna pensare alla propria vita e cercare di uscire indenni da queste nefaste influenze. È bene risolvere i problemi con se stessi prima di pensare a difendere la società.


Si considera quindi un anarchico?
Decisamente sì. Citando Sgalambro, l'idea di essere governato mi nausea.


Cosa la incuriosisce dell'universo giovanile, oggi?

Non sono per le categorie, non mi interessano i giovani in quanto tali. Piuttosto ho bisogno di sentire la razza umana. Del resto, uno può avere quindici anni ed essere più vecchio di uno di settanta. Allora, chi può essere considerato giovane? Non potete pensare di essere un branco, ognuno vive con valori diversi. Io rispetto tutti, sono lontano anni luce dall'essere moralista. Ognuno ha la sua verità, io seguo la mia.


Cosa si sente di dire agli studenti.it di tutto il mondo?
Uno studente dovrebbe per prima cosa studiare se stesso.